Brucio

martedì, maggio 09, 2006

La pelle di un muro

La pioggia furiosa scroscia spetasciando il terrazzo mentre Novecento di Bertolucci prova con orgoglio ad andare avanti tra le asprezze del primo fascismo;sulle lenzuola ho disegnate la Via lattea e un cielo pieno e stellare,una cometa sul cuscino.
Eroicamente mi immolo di nuovo,mi brucia la pelle,ho tese le gambe. Ho un soffitto ocra giallo che si intona (?) con le tende e le ante dell'armadio. Di fatto rilevo di essere sdraiato sul cielo e di perdermi in un cielo di terra antica. il mondo è capovolto. E sono capovolto anche io.
Tra le mie mani stringo un fiore scuro pregno di tutto quello che si è mischiato dal pomeriggio.
Un fiore con un'unica spina. Una spina che non punge. Una spina che si accarezza e che fa male come un precipizio.
Lampi e tuoni spengono presto Novecento e la luce.
Ci sono solo io.
Io e basta. Niente universo,niente futuro. Solo io e la fine del mondo o qualcosa di simile.
Tutta la città crolla senza un urlo sotto il peso di questa pioggia nera e pesantissima.
Ma doveva cadere,doveva coprire,doveva lavare via.
Forse esiste solo il mio piano. E la luce dei lampioni del Viale.
Si sente il mare. Da uno scampolo di finestra non si capisce se l'acqua cade dal mare al cielo o viceversa. La mia testa sporge a testa in giù dal letto,il collo segue l'angolo del letto,le mie braccia sono crocifisse e larghe. Le mani stringono quello che trovano. E trovano.
I lampi mi illuminano come nelle mosse mortali e finali del cartone animato dell'uomo tigre e io non riesco a concludere un pensiero;avere la testa in giù,a penzoloni,da' una prospettiva che seppure non nuova impone un'astrazione.
Ma nonostante il semibuio ci sono ombre che giocano,ombre che si mischiano;io le vedo come in un film.
Vorrei rinascere ombra un giorno e sentire cosa si prova ad essere la pelle di un muro.