La pelle di un muro
La pioggia furiosa scroscia spetasciando il terrazzo mentre Novecento di Bertolucci prova con orgoglio ad andare avanti tra le asprezze del primo fascismo;sulle lenzuola ho disegnate la Via lattea e un cielo pieno e stellare,una cometa sul cuscino.
Eroicamente mi immolo di nuovo,mi brucia la pelle,ho tese le gambe. Ho un soffitto ocra giallo che si intona (?) con le tende e le ante dell'armadio. Di fatto rilevo di essere sdraiato sul cielo e di perdermi in un cielo di terra antica. il mondo è capovolto. E sono capovolto anche io.
Tra le mie mani stringo un fiore scuro pregno di tutto quello che si è mischiato dal pomeriggio.
Un fiore con un'unica spina. Una spina che non punge. Una spina che si accarezza e che fa male come un precipizio.
Lampi e tuoni spengono presto Novecento e la luce.
Ci sono solo io.
Io e basta. Niente universo,niente futuro. Solo io e la fine del mondo o qualcosa di simile.
Tutta la città crolla senza un urlo sotto il peso di questa pioggia nera e pesantissima.
Ma doveva cadere,doveva coprire,doveva lavare via.
Forse esiste solo il mio piano. E la luce dei lampioni del Viale.
Si sente il mare. Da uno scampolo di finestra non si capisce se l'acqua cade dal mare al cielo o viceversa. La mia testa sporge a testa in giù dal letto,il collo segue l'angolo del letto,le mie braccia sono crocifisse e larghe. Le mani stringono quello che trovano. E trovano.
I lampi mi illuminano come nelle mosse mortali e finali del cartone animato dell'uomo tigre e io non riesco a concludere un pensiero;avere la testa in giù,a penzoloni,da' una prospettiva che seppure non nuova impone un'astrazione.
Ma nonostante il semibuio ci sono ombre che giocano,ombre che si mischiano;io le vedo come in un film.
Vorrei rinascere ombra un giorno e sentire cosa si prova ad essere la pelle di un muro.
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